Chiedi allo sviluppatore, parte 6: Xenoblade Chronicles 3 – Capitolo 1
26/08/2022
L'intervista è stata registrata nel rispetto delle normative in materia di salute e sicurezza nel quadro della pandemia da COVID-19.
Questa intervista include immagini tratte dalla versione inglese di Xenoblade Chronicles 3. Il gioco è disponibile anche in italiano.
In questo episodio di "Chiedi allo sviluppatore", una serie di interviste in cui gli sviluppatori Nintendo entrano nel dettaglio dei processi creativi seguiti da Nintendo e degli aspetti per loro più importanti, parliamo con i responsabili dello sviluppo di Xenoblade Chronicles 3, già disponibile.
Capitolo 1: I rapporti tra elementi "xeno", ovvero estranei, diversi fra loro
Innanzitutto, vorrei chiedervi di presentarvi ai lettori.
Tetsuya Takahashi [d'ora in avanti, soltanto "Takahashi"]:
Mi chiamo Tetsuya Takahashi e sono il senior director e chief creative officer di MONOLITHSOFT (1). In qualità di direttore esecutivo della serie di Xenoblade Chronicles, sono stato coinvolto in tutti gli aspetti di questo progetto, incluse la pianificazione iniziale e la stesura della sceneggiatura, nonché la supervisione e la direzione di innumerevoli altri aspetti.
(1) MONOLITH SOFTWARE INC. Studio di sviluppo di videogiochi, nonché società sussidiaria di Nintendo, che si occupa della serie di Xenoblade Chronicles. Si occupò inoltre dello sviluppo della serie Xenosaga, pubblicata da NAMCO LTD. (attualmente Bandai Namco Entertainment Inc.) tra il 2002 e il 2006.
Koh Kojima [d'ora in avanti, soltanto "Kojima"]:
Mi chiamo Kojima e faccio parte anch'io di MONOLITHSOFT. Nell'ambito di questo gioco, ho svolto i ruoli di producer e director. Almeno, è quello che dicono i riconoscimenti...
Mi sono occupato principalmente del coordinamento tra Nintendo e MONOLITHSOFT, ma anche tra Takahashi-san e il team di sviluppo di MONOLITHSOFT.
Genki Yokota [d'ora in avanti, soltanto "Yokota"]:
Mi chiamo Yokota e lavoro per Nintendo. Anch'io ho svolto i ruoli di producer e director. In qualità di responsabile incaricato di Nintendo, ho lavorato a questo progetto dalle primissime fasi fino al suo completamento. In parole povere, ero la persona che MONOLITHSOFT contattava all'interno di Nintendo per discutere dei contenuti del gioco. Grazie per l'invito.
Grazie. MONOLITHSOFT, lo sviluppatore della serie di Xenoblade Chronicles, è in collegamento da remoto, ma speriamo di ricevere forti e chiare le loro opinioni su questo titolo. Oggi, miriamo a conoscere un po' più nel dettaglio le fasi di sviluppo e a scoprire qualche dietro le quinte.
Yokota-san, per iniziare, potrebbe presentarci in breve la serie di Xenoblade Chronicles?
Yokota:
Certo! Sviluppato da MONOLITHSOFT, Xenoblade Chronicles è un gioco di ruolo che consente ai giocatori di godersi la storia e i personaggi creati da Takahashi-san in un mondo sconfinato. Invece di attendere il proprio turno, qui è possibile partecipare attivamente ai combattimenti, controllando i personaggi in tempo reale. Si tratta di un titolo da giocare sfruttando al massimo il tempismo e il posizionamento dei personaggi.
Grazie. Siamo arrivati al terzo capitolo della serie, ma dove si colloca, esattamente?
Takahashi:
Questo è il terzo capitolo della serie di Xenoblade Chronicles, dopo Xenoblade Chronicles (2) e Xenoblade Chronicles 2, e rappresenta il culmine della trilogia.
Il primo capitolo illustra in che modo il personaggio principale e i suoi amici, abitanti del mondo del titano Bionis, si avvalgono della spada chiaroveggente, la Monade, per proteggere la terra in cui vivono e combattere per il loro futuro.
Nel secondo capitolo è raccontata una storia di vita mortale ed eterna, in cui il personaggio principale, che vive nel mondo dei Titani, incontra una ragazza Gladius immortale, con cui collabora per raggiungere l'Elysium.
Questo terzo capitolo racconta invece la storia di sei giovani soldati appartenenti a due nazioni ostili ed è ambientato ad Aionios, luogo che collega i mondi del primo e del secondo capitolo.
(2) Uscito ad agosto 2011 in esclusiva per Wii. La versione rimasterizzata Xenoblade Chronicles: Definitive Edition è uscita a maggio 2020 per Nintendo Switch.
Visto che l'ambientazione è collegata a quelle del primo e del secondo capitolo, significa che la storia si sviluppa nel corso dei tre titoli?
Takahashi:
No, le storie dei tre capitoli sono a sé stanti. Nel nuovo titolo ci sono richiami ad aspetti ed elementi di design dei primi due giochi, ma non è affatto necessario avere esperienza con il resto della serie per capire la storia o il gioco.
Trattandosi tuttavia di una serie, esiste un filo conduttore: in tutti i casi, infatti, la storia si dipana seguendo "il rapporto fra elementi estranei".
Inoltre, anche se prima ho usato il termine "culmine", questo titolo riunisce in realtà tutte le tematiche sviluppate negli ultimi 15 anni, dal 2007, quando iniziò lo sviluppo del primo capitolo della serie di Xenoblade Chronicles, nonché i sistemi di gioco sviluppati nel corso della serie.
Yokota:
Quindi, con "culmine", non intendi dire che arriviamo a una chiusura della serie, ma che la trilogia trova una sua conclusione a livello di tematiche.
Takahashi:
Proprio così. Diciamo che si tratta di una sorta di riepilogo che ci permette di preparare il futuro.
Capisco. Mi piacerebbe scavare più a fondo nella storia di questo titolo, che avete denominato il "culmine" della serie. Come inizia la storia di Xenoblade Chronicles 3?
Takahashi:
Il punto di partenza è un "potere irragionevole". La storia inizia su un campo di battaglia. Due nazioni sono in lotta fra loro e per i giovani il mondo è un teatro di guerra quotidiana.
A un certo punto, però, alcuni giovani di entrambe le fazioni si alleano contro questo "potere irragionevole" che li costringe a farsi guerra giorno dopo giorno. La storia è incentrata sulla loro lotta per resistere a questo potere supremo facendo leva sulle differenze fra i loro passati, le loro idee e le loro culture.
Per lottare contro questo "potere irragionevole", le due fazioni uniscono le forze.
Takahashi:
Esattamente. Quando creo una storia, cerco sempre di ritrarre i nemici in modo tale che anche quelli più potenti abbiano dei principi, un senso di giustizia e una morale che ci permettano di simpatizzare, almeno in parte, con loro. Ho sempre cercato di rendere i "miei" nemici ambigui, piuttosto che dipingerli già dall'inizio come buoni o cattivi.
In questo modo, i giocatori hanno infatti la possibilità di comprendere la prospettiva del nemico, di esplorarla. Secondo me, così la storia diventa ancora più interessante. Questa volta, però, ho voluto ritrarre il nemico da un'angolazione diversa.
Penso infatti che il "potere" possa assumere molteplici forme e che di solito non si basi sulla filosofia, sulla giustizia o sulla morale, ma su concetti più semplici, come la dignità o la cupidigia.
Capisco. È una lotta contro questa "irragionevolezza" che non può essere sconfitta dalla logica o dalla razionalità. Yokota-san, cosa pensò quando le venne sottoposto il soggetto?
Yokota:
Beh, mi interessava sapere come sarebbe proseguita la storia e volevo avanzare con lo sviluppo.
Già da subito? Era solo la prima proposta...
Yokota:
Sì. Sullo sfondo dei primi due capitoli della serie, la nuova proposta vedeva i protagonisti divisi in due fazioni opposte, all'inizio in guerra fra loro, ma poi uniti per il bene comune... Ho pensato subito che il soggetto fosse solido.
Ma di certo non era tutto perfetto, anzi... (Ride)
Kojima:
Concordo. All'inizio, non mi sembrava affatto una storia di Xenoblade Chronicles. Credo che Takahashi-san stesse deliberatamente cercando di cambiare registro, atmosfera.
Le storyline dei primi due giochi erano totalmente diverse, ma condividevano l'atmosfera di fondo, erano "Xenoblade" in tutto e per tutto. La nuova proposta non mi aveva dato subito questa sensazione, perché il mondo del gioco è molto serio, drammatico.
Ovviamente era proprio il mondo che Takahashi-san desiderava realizzare in questo titolo, ma personalmente non ero sicuro che fosse una buona idea proporlo come nuovo capitolo ai giocatori che conoscevano già la serie.
Anche il design sarebbe stato diverso dai giochi precedenti. Dopo una serie di tentativi, abbiamo però trovato il giusto equilibrio e siamo riusciti, o almeno credo, a ricreare la stessa atmosfera di fondo anche in questo nuovo capitolo.
L'introduzione in effetti ci dice che gli abitanti di questo mondo sono nati per combattere e vivono per soli 10 anni... La drammaticità è evidente. Perché è stato scelto un periodo di 10 anni?
Takahashi:
Gli umani hanno un'aspettativa di vita di 70-80 anni, ma alcuni di noi vivono fino a 90 o più. Mi sono chiesto come cambierebbe la nostra percezione della vita, se avessimo meno tempo a disposizione. Dovendo raccontare un periodo di soli 10 anni, quale decennio avrei dovuto scegliere?
Ripercorrendo le tappe della mia vita, direi che gli anni in cui la mia personalità si è formata sono stati i primi, fino ai 10 anni di età, ma il periodo più importante, ad esempio per la mia visione della vita, è stato quello fra i 10 e i 20 anni, ovvero quando in genere siamo più influenzabili.
Sebbene siano entrambi periodi di 10 anni, quest'ultimo è stato per me quello più importante, in cui ero più vulnerabile ed esposto a più cose, in cui ho raccolto diverse sfide e in cui ho dato sfogo alla mia creatività, ma anche quello in cui i miei valori e il mio modo di pensare sono cambiati drasticamente. Questi sono i motivi per cui ho ambientato la storia in questo periodo della vita.
Capisco. È per questo motivo che i soldati delle due nazioni sono così giovani.
Takahashi:
Tramite la storia, desideravo comunicare alle giovani generazioni di oggi che hanno la possibilità di crearsi un percorso personale e che non devono abbandonare sogni e speranze.
Yokota:
All'inizio del progetto, discutemmo diffusamente dei motivi per cui era per me necessario che questo gioco si basasse su un periodo di 10 anni. La drammaticità era piuttosto marcata fin dall'inizio. Ricordo che all'epoca Takahashi-san ci spiegò queste stesse cose e personalmente mi trovai subito pienamente d'accordo con lui.
In questo modo, saremmo riusciti a ricreare nel gioco un'atmosfera da Xenoblade e pensai che quella da lui descritta fosse una storyline molto adatta.
Takahashi:
Possiamo dire che il primo capitolo è una sorta di "studente modello". Il secondo lo è quasi altrettanto, ma all'inizio ha un carattere molto più leggero e spensierato.
Volevo che il terzo non fosse un altro "bravo bambino"... Si è trattato di una sfida, perché ero comunque preoccupato dalla risposta di chi aveva già giocato ai primi due titoli della serie. Uno dei temi di questo nuovo capitolo era però quello del trovare sé stessi, del trovare una nuova strada verso il futuro, quindi sapevo che non avrei potuto rifugiarmi nel passato o ripetere quanto già fatto.
Kojima:
Ascoltando le idee di Takahashi-san fin nei minimi dettagli, mi riproposi di fare del mio meglio per esprimere ciò che desiderava comunicare.
Il gioco inizia con una scena di combattimento, ma il personaggio principale, Noah, è un "tramandante", giusto? Mi è sembrata una premessa insolita per un gioco basato sui combattimenti. Che ruolo ha, esattamente, un tramandante?
Takahashi:
Sì, Noah, il primo personaggio principale controllabile dai giocatori, è un "tramandante", ovvero colui che piange e celebra i soldati che hanno perso la vita sul campo. Tramite il lutto, Noah ragiona su diversi aspetti della vita... È un po' un filosofo.
Un filosofo?
Takahashi:
Se una persona che ha un proprio sistema di pensiero consolidato, una visione filosofica del mondo o della vita, si trovasse di fronte a numerosi cambiamenti ed eventi e a dover affrontare problemi impossibili da risolvere con l'uso della propria logica, che tipo di risposta troverebbe? Ho voluto ritrarre questo personaggio come un filosofo, o un poeta, in questo senso.
Ha detto che è "il primo personaggio principale controllabile dai giocatori". Quindi ce ne sono altri?
Takahashi:
Questo titolo prevede tre personaggi della nazione del Keves, incluso il primo personaggio giocabile, Noah, e tre della nazione dell'Agnus, inclusa l'eroina, Miyo. Questi sei personaggi sono tutti protagonisti all'interno della storia.
Noah è un tramandante dell'esercito del Keves, mentre Miyo è una tramandante dell'esercito dell'Agnus. Sebbene siano loro le due figure centrali della storia, tutti e sei i personaggi sono protagonisti.
Il gioco si basa su una premessa: ciascuno dei sei personaggi la pensa in modo diverso su questa vita lunga 10 anni, ma per conseguire un unico, grande fine collaboreranno e s'imbarcheranno insieme in quest'avventura.
Giocando, ho effettivamente avuto l'impressione che fossero tutti e sei i personaggi insieme a far avanzare la storia.
Takahashi:
Mi ero riproposto di trovare un equilibrio nello sviluppo dei caratteri dei sei personaggi, pertanto ho cercato di suddividere equamente i dialoghi.
È vero che Noah e Miyo, che come ho detto sono le figure centrali della storia, hanno qualche battuta in più, ma rispetto ai primi due capitoli, incentrati sull'eroe e sull'eroina, gli altri personaggi sono maggiormente coinvolti nella trama.
Magari è un'esagerazione da parte mia, ma non volevo che gli altri personaggi fossero soltanto di contorno una volta arrivati verso la fine della storyline...
Sì, a volte è strano vedere alcuni personaggi diventare meno coinvolti nella storia verso metà gioco.
Takahashi:
Era da molto tempo che desideravo inserire più di un personaggio principale in una storia. L'idea di fondo è quella del dramma corale, un metodo usato nella scrittura di film o serie TV. Mi ero riproposto di applicarlo a un videogioco.
Vite diverse, posizioni diverse e punti di vista diversi si intersecano per creare un'unica storia... Pensandoci bene, non è molto compatibile con gli RPG. (Ride)
In un RPG, i giocatori entrano nei panni del personaggio principale, ma sarebbe difficile seguirne la storia se il punto di vista cambiasse man mano che si procede. Inoltre, il gioco richiede che i sei personaggi siano sempre insieme. Anche questo aspetto è incompatibile.
Mi sono trovato a considerare attentamente il tipo di trama che avrei dovuto usare per rendere il racconto fluido, pur passando da un punto di vista all'altro, affinché il gioco funzionasse nel suo insieme. Alla fine, penso di essere riuscito a incorporare tutte queste considerazioni nel processo di creazione tradizionale di un videogioco.
Forse i giocatori non lo noteranno, ma ritengo di essere cresciuto professionalmente avvalendomi di questo metodo per creare il gioco.
Yokota:
Anche nei capitoli precedenti della serie, la storia comprende sei personaggi principali, ma soltanto in quattro partecipano ai combattimenti, quindi il numero di personaggi giocabili in ogni singolo momento è limitato. In questo caso, tutti e sei i personaggi partecipano ai combattimenti, ed è un aspetto a cui tenevamo molto.
Dato che si tratta di sei personaggi principali presenti sullo schermo contemporaneamente, abbiamo optato per combattimenti senza quartiere.
Perché proprio sei?
Takahashi:
Non c'è alcun motivo in particolare. Avrebbero potuto essere tranquillamente quattro oppure otto. Ma pensavo che quattro fossero troppo pochi, mentre otto sarebbero stati troppi. Bisognava anche tenere in considerazione l'affollamento sullo schermo, la quantità di contenuti che saremmo stati in grado di creare e l'intuitività del gameplay.
In effetti, anche nel secondo capitolo abbiamo tre coppie di personaggi giocabili e sei personaggi sullo schermo, ma nel nuovo titolo i sei personaggi giocabili combattono indipendentemente l'uno dall'altro. Inoltre, un settimo personaggio, un "Eroe", si unisce ai combattimenti. Senza poi contare i molteplici nemici all'attacco...
Una delle sfide che intendevamo superare era quella di inserire il maggior numero di personaggi contemporaneamente sullo schermo senza creare confusione ai giocatori.
Parlando di coppie, una delle funzioni del nuovo sistema di combattimenti è la possibilità per due personaggi di entrare in Sintonia.
Takahashi:
Il sistema degli Uroboros è il simbolo dell'unione fra elementi estranei, diversi.
Quindi non vedremo due personaggi ai comandi di un robot o di un veicolo, ma un'entità singola derivante dalla fusione di questi due personaggi.
Yokota:
Nelle fasi iniziali della pianificazione, l'Uroboros era una sorta di robot che non poteva essere guidato dai personaggi.
Kojima:
Venne però deciso fin da subito che questo concetto avrebbe preso la forma della fusione di due coscienze. Takahashi-san mi aveva dato fin da subito l'impressione di voler esprimere questo concetto: in certi casi è possibile capirsi a vicenda soltanto unendosi, senza usare la parola o altri mezzi di comunicazione. In questo modo, diventano visibili anche i problemi comuni a entrambi.
Takahashi:
L'idea dell'unione fra elementi estranei è nell'aria fin dai tempi di Xenogears (3). La vita di una persona si basa fondamentalmente sui rapporti creati con altre persone. Ovvero un rapporto con elementi estranei, diversi da noi. È una prospettiva che metto alla base di tutto ciò che faccio.
(3) Pubblicato nel 1998 da SQUARE CO., LTD. (attualmente SQUARE ENIX CO., LTD.) per la console PlayStation. Tetsuya Takahashi svolse il ruolo di director e scrisse la sceneggiatura.
Yokota:
Quello "Xeno", nel titolo, è un prefisso di origine greca che significa proprio "diverso", "estraneo", giusto?
Takahashi:
Proprio così. Il rapporto tra elementi "xeno", ovvero estranei, diversi, è il fulcro di questa serie.