Perché avete dovuto realizzare un diagramma di flusso così lungo che Hattori-san ha dovuto allargare le braccia per darmene un’idea?
L’altra volta il metodo per stabilire come coordinare gli articoli era relativamente semplice, dunque capire cosa fare per spingere i clienti a comprare tutto non era difficile. Stavolta, invece, volevamo prendere una strada diversa.
Se si procede in modo sistematico, in genere gli accostamenti più semplici e classici risultano i migliori. Ma questo non vale se a fare gli abbinamenti sono i professionisti esperti. Magari partono da un’idea semplice, ma poi aggiungono qualcosa al mix selezionando un articolo che sembra come spezzare l’equilibrio.
Prima Tamura-san ha parlato dell’importanza di capire se una cosa possa essere divertente. Di certo una cosa troppo standard non lo è.
Esatto: ciò che è troppo convenzionale non diverte.
Giusto.
Se giochi con gli abbinamenti e sottoponi le tue scelte a una macchina, questa magari ti dice che non sono abbastanza alla moda; ma lo stesso outfit, osservato con una sensibilità umana, può sembrarti fantastico. È per questo che abbiamo apportato modifiche fino alla fine, in modo da garantire una maggiore giocabilità.
Un computer non può cogliere le sfumature stilistiche, dunque dev’essere stato molto difficile.
Sì, è vero. È stata dura far sì che il risultato finale potesse essere vicino ai gusti delle giovani donne. Noi ragazze, ad esempio, usiamo spesso l’aggettivo “kawaii” (“carino”), e a volte io stessa mi ritrovo a impiegarlo senza troppa attenzione. Diciamo che questo è carino e quello è carino, ma in realtà con questo termine alludiamo a varie cose diverse.
Ma è comunque un complimento, no?
Certo. Etichettiamo tutto come “carino”, ma se andiamo ad analizzare caso per caso scopriamo che ogni “carino” ha un significato diverso. In questo gioco, quindi, quando si tratta di descrivere qualcosa come “femminile” o “carino”, ci sono varie sfumature possibili: femminile-maturo, femminile-pop, femminile-etnico eccetera.Con il primo gioco non ci siamo potuti spingere a questi livelli, ma stavolta la collaborazione con persone esperte mi ha fatto capire che, se non avessimo ampliato il raggio di possibilità, non avremmo dato il giusto peso al lato “umano” della moda.
La conseguenza, a livello di programmazione, è la realizzazione di un sistema di gioco che permette combinazioni con articoli inconsueti o di forte impatto.
Ovviamente se avessimo deciso che ogni combinazione potesse andar bene avremmo rovinato il gioco, e non sarebbe stata una scelta corretta nemmeno dal punto di vista della moda. In caso di abbinamenti completamente sbagliati, il sistema deve segnalarlo. Per risolvere questo problema, avevamo bisogno di quel lunghissimo diagramma di flusso di cui parlavamo prima.
E, insieme all’introduzione di un sistema di scelta che prendesse in considerazione la soggettività umana, avete inserito anche capi di abbigliamento e accessori maschili.
Sì.
La moda maschile è venuta fuori in un secondo momento?
No, ci abbiamo pensato fin dall’inizio.
È vero. Abbiamo deciso nelle prime fasi di realizzare anche articoli maschili, quindi abbiamo iniziato a produrli molto presto.
Rispetto alla moda per ragazze, quanto impegno avete dedicato alla realizzazione degli articoli maschili?
Se devo essere onesto, il target principale era appunto quello delle ragazze, quindi all’inizio abbiamo considerato la moda maschile un piccolo extra.
Magari alcuni ragazzi possono non prendere bene il fatto di essere considerati un mero “progetto collaterale”, ma voi avete concepito l’idea della moda maschile a complemento di quella femminile, che era il tema principale.
Esatto. Ma quando ci siamo messi a preparare gli abbinamenti ci siamo resi conto che anche la moda maschile avrebbe funzionato bene, e abbiamo notato dei grandi progressi nel corso dello sviluppo. Allora abbiamo iniziato a dedicare molto tempo alla realizzazione dei personaggi e a far emergere una tipologia maschile ben precisa.
Ma alla fine, in fatto di abbigliamento maschile, le variazioni possibili non sono così tante.
Rispetto all’abbigliamento femminile è senz’altro vero.
Sì, gli uomini non hanno a disposizione la stessa eterogeneità delle donne. E i personaggi maschili che compaiono nel gioco sono i tipici ragazzi trendy che piacciono alle ragazze, così abbiamo dovuto escludere alcuni articoli specifici.
Esatto. Ci sono articoli che magari gli uomini preferiscono non indossare...
Sono, piuttosto, articoli che una ragazza potrebbe scegliere per il suo fidanzato.
Esatto. I capi preferiti dai ragazzi possono essere diversi da quelli scelti per loro dalle ragazze, quindi abbiamo inserito soprattutto abiti che attirassero l’attenzione del gentil sesso.
Anche se nel primo titolo la moda maschile non era presente, e nonostante il target fosse comunque quello delle ragazze, il gioco è stato provato anche da molti ragazzi. Con New Style Boutique i ragazzi possono divertirsi? In che modo?
A me piace pensare ai clienti che entrano nella boutique del gioco come nemici di un titolo RPG o di simulazione.
I clienti sono... nemici? (ride)
Sì. E le loro indicazioni su abiti e budget sono come attacchi che io, in qualità di commesso, devo gestire in qualche modo.
Come in un gioco di combattimento! (ride)
Contro l’attacco di un budget di 20.000 yen (2.000 euro) del cliente, io devo usare le armi che ho a disposizione per soddisfare la richiesta. Dovrò guardare tra i miei capi, riflettere attentamente (per fortuna non ci sono limiti di tempo!), valutare ogni tipo di combinazione e, alla fine, proporre una possibilità. Come se gridassi: “Fuoco!”.
Quindi non vende, ma spara! (ride)
(ridono)
E se il cliente dice che comprerà l’outfit, io penso (stringe il pugno): “Sì! Ho vinto!”.
Dunque lei punta a sconfiggere i suoi clienti?
Poi arrivano i soldi – ta dà! – e il mio punteggio aumenta! Ecco, io gioco così.
Hattori-san, che ne pensa di questo modo di giocare da una prospettiva femminile?
(scrolla le spalle sconsolata)
(ridono)
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