Minami-san, lei è entrato in Capcom come designer, poi è passato alla progettazione. È vero che veniva chiamato “l'uomo dei progetti”?
Non sapevo che conoscesse questa storia! (Ride)
Anche qui in PlatinumGames lo chiamiamo ancora ”l'uomo dei progetti”.
Un uomo dei progetti deve avere due caratteristiche: una grande passione per quello che vuole realizzare e, allo stesso tempo, la capacità di fare scelte che tengano in considerazione il punto di vista degli altri.
Giusto.
E lei è sempre stato così?
No, all’inizio ero l’opposto.
Certo, se ci fosse qualcuno con quelle caratteristiche innate, vorrei proprio conoscerlo. (Ride)
All’inizio, quando pensavo a un nuovo progetto, mi venivano mille dubbi e pensavo: “Siamo sicuri che sia una buona idea?”. Ci riflettevo sopra giorno e notte ma alla fine non avevo una risposta. Allora spesso quando proponevo il progetto a un mio superiore, lui diceva: “È noioso”. E il progetto finiva nella spazzatura. Veniva davvero gettato nella spazzatura, “plop!”, lì davanti ai miei occhi!
Non è carino.
Lo so, non è bello, ma ai tempi si faceva così.
Non poteva realizzare niente se prima il programmatore non diceva: “Ok, può andare”.
Esatto. Neanche la grafica. Quando ho iniziato a lavorare come "uomo dei progetti", mi aspettavo che la gente intorno a me si sarebbe fatta in quattro per realizzare le mie idee. Ma mi sbagliavo di grosso!
E se non riesci a convincere i collaboratori, non conquisterai mai i consumatori.
Ha perfettamente ragione. Perché il consumatore dovrebbe trovarlo divertente se noi pensiamo che sia noioso?
Avere quel tipo di persone intorno, l’ha aiutata in realtà.
Sì, era un’azienda molto competitiva, c’era un’atmosfera da squadra di calcio. Ma, in effetti, anche ora… (guardando Inaba-san) è più o meno lo stesso! (Ride)
Sì, infatti! (Ride)
(Ride) Ci teniamo alle buone tradizioni! È un metodo di lavoro piuttosto duro, ma credo sia l'unico modo per evitare di realizzare prodotti che poi finiscono per non piacere al pubblico, non trova?
Sì. Ma quando si è giovani non è facile capire certe cose. (Ride)
Già. Da giovani è difficile afferrare questi aspetti immediatamente. (Ride)
Quindi per me è stato terribile.
Come è riuscito a resistere?
Ho pensato tante volte di andarmene. Ogni volta dicevo: “Cosa farò dopo che me ne sarò andato?” e tornavo al punto di partenza. Poi tornavo a casa, stanco morto, e mi mettevo a giocare ai videogiochi!
Se la passava male per colpa dei videogiochi, ma tornava a casa giocare ugualmente.
Sì, sembra strano, ma i videogiochi sono divertenti, quindi mi davano quello di cui avevo bisogno. Poi un giorno ho capito di essere fortunato a poter lavorare come sviluppatore di qualcosa che amavo così tanto. E il fatto che giocassi quando ero veramente stanco ne era la prova.
Sì, siamo davvero fortunati.
Esatto, quindi mi dicevo: “Resisterò ancora un po’”.
Per molta gente i giochi non sono solo un passatempo, ma un'esperienza da vivere seriamente e con sincera passione. E noi abbiamo la fortuna di poter dare loro questa possibilità.
Giusto, anch’io mi sono convinto di questo a un certo punto, ma capitava lo stesso di tornare a casa frustrato. (Ride)
Com’è riuscito a diventare l'uomo dei progetti che è oggi, dopo tutta quella frustrazione iniziale?
È stato grazie al gioco Super Ghouls’n Ghosts5. Dopo l’uscita di Super NES, il primo titolo Capcom fu Final Fight6, a cui lavorai dato che era un altro adattamento di un gioco arcade. Sudammo sette camice per terminarlo a tempo record. Poi il mio capo mi disse di prendermi due settimane di ferie, il che era una cosa molto rara da noi.5. Super Ghouls’n Ghosts: un gioco d’azione lanciato da Capcom per il sistema Super NES nel dicembre 1992.6. Final Fight: un gioco d’azione a scorrimento, comparso nelle sale giochi nel 1989. La versione Super NES è stata realizzata nel dicembre 1992.
Il suo capo non dava ferie facilmente?
Ogni tanto mi dava il sabato e la domenica liberi! (Ride)
E non le sono venuti dei sospetti? (Ride) Avevo sentito dire che in Capcom, quando il capo porta fuori a cena il suo staff, è perché ha in mente qualche progetto complesso da affidargli.
Quindi ho preso due settimane di ferie e al mio rientro mi disse: “Stiamo lavorando a Super Ghouls’n Ghosts, ma lo sa che non stiamo facendo progressi, no?”
Lo sviluppo si era arenato.
Esattamente. Il primo stadio sembrava completo, ma il gioco in sé non aveva preso forma. Così mi chiese di occuparmene e per circa due anni lavorai a quel progetto senza quasi andare a casa.
Quindi, dopo la gratificazione di due settimane di ferie, ha passato due anni di sfide e tribolazioni.
Sì! (Ride) Ricordo che la scadenza si avvicinava, e noi continuavamo a ricreare l’immagine ROM.
Il classico controllo di compatibilità per verificare che il software funzioni correttamente su tutte le piattaforme a cui è destinato. E in quel caso si verificarono tantissimi errori. Ne so qualcosa anch'io. Non sono di certo bei momenti! (Ride)
Sì, è vero! Nintendo non era affatto soddisfatta, ma alla fine abbiamo preso alcune decisioni radicali e siamo riusciti a risolvere tutto. Super Ghouls’n Ghosts ce ne ha fatte vedere di tutti i colori, ma dopo l’uscita, ha ottenuto ottime recensioni.
Il suo lavoro è stato ripagato.
Sì. Ero proprio contento. Quando mi era stato consegnato a sviluppo già avviato, pensavo che mi avessero appioppato un lavoraccio, ma dopo la sua uscita e tutte le recensioni positive, sono stato orgoglioso di averci lavorato. Ero davvero felice.
Quando il progetto andava male, il suo capo le ha chiesto di occuparsene perché aveva molta fiducia in lei. Era un incarico di grande responsabilità, che è riuscito a portare a termine nel migliore dei modi, anche se forse se ne rese pienamente conto solo una volta terminato lo sviluppo.
È proprio così. L’esperienza di ricevere la valutazione dei giocatori sul mio lavoro è stata un punto di svolta per me. Da allora, ho iniziato a pensare: “Voglio continuare a fare questo lavoro per tutta la vita!”
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