4. L'incontro con Mikami-san

Iwata:

E poi è arrivata Capcom. Può dirmi come s'è ritrovato a lavorare per loro?

Kamiya:

Come ho detto prima, non ho mai propriamente cercato di diventare game designer, così ho detto ai miei genitori a Matsumoto che dopo la laurea sarei tornato a casa per cercare lavoro.

Iwata:

Oh.

Kamiya:

Così ho iniziato a cercare lavoro attorno a casa e ho ricevuto offerte in diversi posti. Ma al tempo stesso volevo occuparmi di videogiochi e così, senza proferire parola con nessuno, ho fatto domanda e presentato alcune proposte di progetto a varie società di sviluppo di videogiochi. E naturalmente Nintendo era nel mio elenco.

Iwata:

Oh, davvero? (ride)

Kamiya:

Non mi pare che in quel periodo Nintendo assumesse nuovi programmatori, ma ho mandato ugualmente la mia candidatura e poi ho chiamato il reparto HR, ma anche loro mi hanno confermato che in quel momento non avevano bisogno di personale con le mie caratteristiche.

Iwata:

Oh, che peccato...

Kamiya:

No, è andata bene così... (ride)

Iwata:

E com'era la proposta che aveva presentato?

Kamiya:

Non sono mai stato bravo a spiegare le cose per iscritto, ma ero bravo a disegnarle. Naturalmente ho disegnato i personaggi, ma anche le schermate e i livelli di gioco... tutto insomma, persino la rappresentazione del gameplay. Alla fine ho ricevuto due offerte, una da Capcom e l'altra da Namco, forse perché mi sono presentato in maniera del tutto insolita.

Iwata:

Capisco. In base a quali criteri ha scelto Capcom?

Kamiya:

A dire la verità mi piaceva molto Namco ed ero molto combattuto, ma intendevano usarmi come designer. Col senno di poi, ritengo ora che sarei giunto allo stesso risultato anche andando da loro. Molte persone passano in un secondo momento da designer a programmatore.

Iwata:

Sì. Sono in tanti.

Kamiya:

Poi alla fine – e questa non è stata una mia scelta – mi hanno messo nel reparto di Mikami-san ed è stata una vera fortuna.

Iwata Asks
Iwata:

Perché Mikami-san è stato il suo maestro?

Kamiya:

Sì. Sono stato davvero fortunato. Posso dire senza esagerare che non sarei stato qui oggi se non fosse stato per lui.

Iwata:

Cosa intende esattamente?

Kamiya:

Oggi sono qui a mettere in mostra la mia raffinata devozione per i videogiochi, ma quando sono stato assunto da Capcom, le cose non stavano esattamente così, ero un po' superficiale.

Iwata:

Lei amava i videogiochi e vi dedicava tempo ed energie, ma non era troppo pignolo, non andava molto a fondo, vero?

Kamiya:

Esatto. Avevo sicuramente molta buona volontà, ma strada facendo, quando le cose si facevano toste, spesso mi accontentavo di quello che avevo raggiunto. Era importante che perdessi quest'inclinazione al compromesso.

Iwata:

Le serviva una sorta di motivazione competitiva come nello sport?

Kamiya:

Sì. Una motivazione fisica. (ride) Come ad esempio quando qualcuno si scalda, prende a calci una sedia e urla: "Se non teniamo duro, lo sapete voi ragazzi cosa ne sarà di questo gioco?!? Eh, lo sapete?" Il primo team di cui ho fatto parte da Capcom si occupava di Resident Evil28, il primo titolo. E io lavoravo come programmatore per Mikami-san.28. Resident Evil: gioco d'azione e avventura horror realizzato da Capcom, uscito in Giappone in marzo 1996 e in Europa in agosto dello stesso anno.

Iwata:

Fin dal primo Resident Evil?

Kamiya:

Sì, al momento della mia assunzione il progetto era già in pieno svolgimento, ma aveva ancora il titolo provvisorio "3D Horror" e veniva continuamente sottoposto a continue sfide e ricerche. Era il primo vero gioco poligonale di Capcom.

Iwata:

Proprio così.

Kamiya:

All'epoca ero un po' deluso dai giochi Capcom per la loro esclusiva predilezione per il 2D, così quando ho visto per la prima volta il progetto durante l'orientamento, ho pensato che era fantastico e che mi sarebbe davvero piaciuto far parte di quel team! Successivamente ho saputo che il gioco era come un film, pertanto stavano pensando di inserire nel team persone che sapessero disegnare storyboard.

Iwata:

Ah, ecco perché la sua proposta illustrata al momento della candidatura ha catturato la loro attenzione.

Kamiya:

Sì. Sapevano che ero capace di disegnare e mi hanno inserito nel team di Resident Evil.

Iwata:

A cos'ha imparato in particolare da Mikami-san?

Kamiya:

Mikami-san è stato il primo alla Capcom a stabilire che il director del team sarebbe stato responsabile del gioco nel suo complesso. Fino a quel momento, nei team di Capcom ciascuno lavorava con gli altri per creare un gioco tutti insieme, ed era così anche quando sono arrivato io. Quindi ci sono state reazioni negative e anche un po' di sconcerto alla decisione di conferire al director l'autorità assoluta. Spesso mi trovavo anch'io in disaccordo.

Iwata:

Ah!

Kamiya:

Ad esempio, noi dello staff di base davamo per scontata la necessità di incrementare l'azione e ci lamentavamo col director, ad esempio, della nostra frustrazione per non riuscire a muovere il protagonista più velocemente. Tuttavia, il director rispondeva che il gioco era imperniato sulla paura e che quindi doveva rimanere così com'era, rifiutando la nostra richiesta. E poi, quando ho giocato alla versione finale e completa del gioco, sono finalmente riuscito a capire perché Mikami-san era stato irremovibile.

Iwata:

Si è reso conto che Mikami-san aveva visto cose che lei, che era uno dei tanti membri dello staff, non poteva vedere.

Iwata Asks
Kamiya:

Proprio così.

Iwata:

Il modo di operare stabilito da Mikami-san è un fattore di cui lei si avvale come director?

Kamiya:

Sì. Ma subito dopo, quando Mikami-san mi ha nominato director di Resident Evil 2, ho combinato un guaio piuttosto serio. Proprio per aver accettato tutte le richieste che arrivavano, il risultato era un disastro. Così abbiamo dovuto scartare l'intero lavoro di un anno e mezzo.

Iwata:

Proprio perché il director è l'unico responsabile del risultato finale, è l'unico ad avere l'autorità di prendere tutte le decisioni.

Kamiya:

Quindi tutto quello che non funzionava era colpa mia, in quanto ero il director. Resident Evil 2 riceveva molta attenzione poiché era uno dei principali nuovi titoli di Capcom, dunque la notizia ha fatto il giro dell'azienda in un lampo. Sentivo su di me gli sguardi dei colleghi alla caffetteria aziendale, come se stessero bisbigliando: "Eccolo, è lui! È quello che ha rovinato Resident Evil 2!" Ero veramente sconvolto, è stato un duro colpo.

Iwata:

Dev'essere stata un'esperienza piuttosto deprimente alla sua giovane età, dal momento che era stato assunto solo da tre anni circa.

Kamiya:

Ma, invece di cacciarmi a pedate nel sedere, Mikami-san ha continuato a tenermi lì come director.

Iwata:

Deve aver pensato che proprio grazie ai suoi errori avrebbe imparato qualcosa.

Kamiya:

Esatto. Quella possibilità è stata molto importante per me. Quindi ho iniziato a valutare attentamente tutto ciò che era andato storto. Prendevo le decisioni senza consapevolezza e, sempre sotto pressione, avevo finito per abbassare i miei parametri di approvazione. Ma soprattutto è stato fondamentale lo smacco personale che ho subito per quei risultati disastrosi.

Iwata Asks
Iwata:

Un'esperienza veramente dura ma incredibilmente costruttiva.

Kamiya:

Sì, ne sono profondamente convinto.

Iwata:

Sono veramente colpito dalla fiducia che Mikami-san ha riposto in lei. Deve aver capito di che pasta era fatto.