The Last Story non ha un'unica storia centrale che guida il giocatore verso l'obiettivo. Nello stesso tempo, però, ai giocatori viene data l'opportunità di giocare ogni volta il gioco in modo diverso. Credo che si possa affermare a ragione che tutti possono giocare con uno stile personale. Sakaguchi, lei ha avvertito l'esigenza di adottare questo approccio per far comprendere ai giocatori l'obiettivo che stava cercando di raggiungere?
Sì, direi di sì. Volevo dare al giocatore scelte complesse, dandogli la sensazione di trovarsi in una scatola piena di giocattoli diversi con cui giocare e tra i quali scegliere quello preferito. Volevo anche assicurare però che al centro del gioco ci fosse una solida storia.
Perciò sta dicendo che non poteva pensare di fare a meno della componente alla base di ogni gioco di ruolo, ovvero la storia. Fino ad ora, i giochi di ruolo hanno cercato di escogitare i modi più diversi di aumentare i contenuti cui è possibile accedere dopo aver completato il gioco, per essere sicuri che i giocatori non smettessero di giocare. Ma in questo titolo avete provato a fare qualcosa di diverso. Ho l'impressione che il vostro scopo sia stato di dare al giocatore una libertà sconfinata all'interno del gioco e, contemporaneamente, renderlo tale da invogliare a rigiocarlo. Per raggiungere questo risultato, il giocatore deve poter pensare ad altri modi in cui affrontare il gioco.
Sì, direi che le cose stanno così. Quello che voglio dire è che ci sono giochi in cui manca una storia grandiosa di fondo e dove i giocatori possono semplicemente esplorare una città a piacimento. Ma secondo me questo approccio non è del tutto corretto. È comunque necessario quell'elemento centrale a qualsiasi gioco di ruolo: la storia.
Beh, naturalmente ci sono molte tipologie diverse di giocatori. Ci sono quelli più intraprendenti che stabiliscono degli obiettivi e giocano con quelli in mente, e altri più passivi che preferiscono inseguire obiettivi predeterminati. Lei crede che la storia funzioni da meccanismo che dà al gioco la dimensione necessaria per coinvolgere tutte le varie tipologie di giocatori?
Sì, credo di sì. E credo anche che si ha bisogno di una storia di ampio respiro all'inizio per imprimere nei giocatori le regole specifiche del mondo di gioco e permettere loro di familiarizzare con i controlli. Credo che i dettagli più sottili del sistema di gioco, così come la modalità online, siano elementi apprezzabili una volta essersi immersi completamente nel mondo di gioco. Per fare un paragone, è come quando mastichi un chewing-gum e a un certo punto avverti un altro gusto oltre a quello di base. Era questo il mio obiettivo.
Matsumoto, lei direbbe che lei e Sakaguchi siete stati sulla stessa lunghezza d'onda fin dall'inizio?
Sì. Ho cominciato con il comprendere che anche qualcuno come Sakaguchi era intenzionato a rivedere il modo in cui avevamo proceduto fino ad allora. Ciò mi ha spinto a osservare attentamente quello che avevo creato fino ad allora e a pensare al tipo di gioco che volevamo proporre alla gente. Da questo punto di vista, siamo partiti da zero.
Quando l'autore di un gioco obbedisce a una precisa "grammatica", i giocatori si aspettano determinate cose. Ma ci sono persone che giocano da anni e altri che si avvicinano ai videogiochi per la prima volta. È davvero difficile ideare qualcosa che soddisfi entrambi questi tipi di giocatori.
Tuttavia io credo che i giochi di ruolo siano un genere che soddisfa i giocatori di entrambe queste categorie. I giochi di ruolo dovrebbero essere strutturati in modo da attrarre la più ampia varietà possibile di giocatori e il fatto che puoi dedicare un sacco di tempo ad accumulare esperienza e progredire nel gioco, gli conferisce un grado di accettazione unico. Dopo la realizzazione di Blue Dragon, una cosa di cui mi sono pentito è di non aver reso il gioco più accattivante. Credo che ciò sia legato al tipo di fascino ad ampio raggio di cui lei parlava poco fa.
Beh, ci sono moltissimi giocatori oggi che non giocano gli RPG fino alla fine.
Sì, è vero. La quantità e la varietà di media a disposizione dei giocatori è aumentata a dismisura. Credo che sia questo il motivo per cui gli sviluppatori pensano di far felici i giocatori includendo una valanga di elementi dei più disparati. Ma immaginate di mangiare ogni giorno appetitosi piatti di cucina francese. A un certo punto vi stuferanno. Analogamente, se si aumenta semplicemente il numero di elementi nel gioco, i giocatori prima o poi si stancheranno. La domanda, allora, è come convincere i giocatori ad andare fino in fondo. È importante pensare a come impedire che il giocatore si stufi del cibo che sta mangiando prima ancora di averlo finito.
Sì,sono d'accordo.
A dire il vero, non credo che The Last Story si possa paragonare alla cucina francese. È un piatto dal sapore nuovo. Il sistema di gioco e la storia che Sakaguchi ha creato sono come nuovi sapori che ingolosiscono il giocatore e lo incoraggiano ad assaggiare altri piatti. Ciò a cui teniamo di più è che il giocatore resti con noi fino al caffè e alla conclusione del pranzo.
Forse ciò a cui stavate puntando era un gioco in cui i giocatori si sentissero a proprio agio per il modo in cui le vicende si svolgono e dove, allo stesso tempo, potessero assaporare un gusto nuovo ogni volta che giocavano.
Esatto. Direi che nelle fasi iniziali del progetto, circa il trenta per cento di ciò che facevamo si traduceva in elementi di sistema innovativi. Poi, nelle fasi intermedie del progetto, ci siamo concentrati sul rendere la storia originale e coinvolgente. Infine, nelle ultime fasi del progetto, abbiamo dato priorità a introdurre l'eccitazione data dall'aspetto prettamente bellico del gameplay. Volevamo che i giocatori apprezzassero tutti questi sapori diversi. A dire la verità, ero piuttosto ansioso durante le fasi conclusive del progetto. Sapevo che nel finale dovevamo cambiare gusto.
È vero. È stato davvero difficile creare questi nuovi sapori.
Quali sono stati i problemi che avete dovuto affrontare a questo proposito?
Nello specifico, si è trattato del comportamento dei nemici. Abbiamo fatto in modo che i giocatori avessero bisogno di escogitare una nuova tecnica per spezzare l'equilibrio nel corso di certe battaglie.
Sentivo che era importante stabilire nuove sfide per il giocatore che doveva affrontare potenti nemici nelle fasi conclusive del gioco, e definire il compito di sconfiggere quei nemici utilizzando le abilità e le tattiche che padroneggiava meglio. Quel tipo di eccitazione era qualcosa che sentivo necessario fosse presente.
Credo che il migliore stimolo per far superare ai giocatori una parte del gioco particolarmente ostica sia fargli pensare: "Wow! Sono un fenomeno!" Prendete, ad esempio, il momento in cui risolvi un rompicapo in The Legend of Zelda. Credo che sia una sensazione che incoraggia il giocatore a continuare a provarci.
C'è anche la sensazione che forse stai diventando troppo forte e che lo sviluppatore non aveva previsto una cosa simile. È importante includere alcuni elementi che facciano sentire il giocatore in questo modo! (ride)
È una sensazione davvero fantastica.
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