Qual è stato il suo primo lavoro dopo la sua assunzione alla Koei?
Il mio primo incarico è stato l'adattamento di un gioco di ruolo (RPG) su computer per la console Super Famicom.
Ma i suoi studi universitari d'informatica l'avevano preparata ad occuparsi direttamente dello sviluppo di videogiochi?
Naturalmente all'inizio ero intimorito e avevo qualche difficoltà, ma ero estremamente interessato al lavoro, dunque è andato tutto straordinariamente bene.
Era un lavoro adatto a lei.
L'argomento della mia tesi di laurea verteva sull'ingegneria elettronica ed informatica, quindi ero totalmente orientato verso la matematica e i computer. Ma durante i miei studi pensavo, "quando entrerò nel mondo del lavoro, questo non servirà a nulla". (ride)
Gli studi universitari sono spesso così. (ride) Si deve imparare un mucchio di roba che ti porta a pensare, "a cosa servirà mai?" Ma poi si arriva inevitabilmente alla conclusione che quella roba è stata utile dopotutto! E magari si rimpiange anche di non averci dedicato più tempo e passione!
Sì. (ride) Dopo essere entrato alla Koei, mi sono reso conto di aver fatto bene a studiare fisica e matematica delle matrici.
La storia dei videogiochi è caratterizzata da numerosi nuovi dispositivi inventati l'uno dopo l'altro e da nuove tecnologie nate in rapida successione. E noi sviluppatori dobbiamo essere sempre aggiornati.
Sì.
Il lavoro del programmatore è bello proprio perché è necessario essere sempre al passo con i nuovi dispositivi, che alla fine servono anche per creare i giochi stessi. Data la sua esperienza odierna, qual è il lato più bello e divertente del suo lavoro?
Per circa dieci anni mi sono occupato principalmente di programmazione, ha partecipato anche allo sviluppo di nuovi hardware e ho progettato numerosi programmi. Ho svolto il mio lavoro soprattutto con il costante desiderio di creare cose nuove con hardware nuovi.
Anche la sola introduzione di un nuovo hardware è stimolante.
Sì. Mi piaceva così tanto che riuscivo a contenermi a stento. Rimanevo affascinato anche semplicemente leggendo il manuale di un nuovo hardware. Forse agli altri sembravo strano. (ride) Sì, perché me ne stavo lì seduto a leggere il manuale e sorridevo da solo!
Oh, so cosa intende! (ride) Ti viene da ridere perché cominci a pensare a cosa potresti fare adesso con un determinato hardware.
Dubito che la gente comune possa capirmi, ma è davvero entusiasmante pensare, "Oh! C'è questo e quest'altro!" e non posso fare a meno di sorridere dall'entusiasmo. (ride)
Sì, in effetti la gente rimane perplessa. (ride)
Sì! (ride)
E qual è stato il suo incarico successivo, dopo la conversione per Super Famicom?
Ho lavorato come programmatore a giochi di combattimento in 3D, tra cui Dynasty Warriors13 e Dynasty Warriors 2.14 Poi mi hanno proposto la direzione di Dynasty Warriors 3: Xtreme Legends15, che ho accettato. 13 Dynasty Warriors: gioco di combattimento in 3D pubblicato da Koei Co., Ltd. in Giappone nel febbraio 1997.14 Dynasty Warriors 2: gioco d'azione pubblicato da Koei Co., Ltd. in Giappone nell'agosto 2000.15 Dynasty Warriors 3: Xtreme Legends: gioco d'azione pubblicato da Koei Co., Ltd. in Giappone nell'agosto 2002.
Cosa li ha spinti ad affidarle la direzione del gioco?
Sin da quando facevo il programmatore, mi capitava spesso di buttar lì le mie impressioni sul contenuto dei giochi.
Beh, conosceva i videogiochi fin da bambino dunque non riusciva a trattenere le sue opinioni anche sui contenuti. (ride)
Sì. (ride) Conoscevo gli arcade fin dalla seconda elementare e ricordo molto bene che quando uscì il sistema Super Famicom a novembre, non riuscii ad acquistarlo perché era esaurito, così ho continuato ad andare in negozio finché non sono riuscito ad averlo il marzo successivo. In ogni caso, passavo tutto il tempo sui videogiochi e non sapevo proprio trattenermi dal commentare. Sicuramente è anche il mio carattere. (ride)
(ride) Una personalità estroversa per natura, che la induce a sorridere leggendo un manuale tecnico o dicendo ciò che sarebbe divertente inserire nel gioco a cui sta lavorando.
Sì. Talvolta tendevo ad essere persino un po' sfacciato, poiché mi uscivano cose del tipo: "Se lo pubblicate così, non lo comprerà nessuno!"
Dicendo una cosa del genere, è facile tirarsi addosso l'antipatia degli altri sviluppatori! (ride)
Sì. Poco dopo essere stato assunto, ebbi una feroce discussione col mio capo. Fin dal mio primo anno, c'erano cose nel contenuto dei giochi a cui non riuscivo proprio ad abituarmi. Ritengo che mi abbiano affidato la direzione perché avevano osservato questo mio atteggiamento.
Così ha assunto la direzione e ha prodotto Dynasty Warriors 3: Xtreme Legends. Dynasty Warriors 2 era alla base dell'obiettivo dei Warriors, ossia falciare i nemici che ti circondano.
Sì.
Sì, penso proprio che sia stata una gran scoperta per i videogiochi. Vi ha partecipato anche lei?
No, non ho contribuito a questa invenzione, ma da quanto ne so, il primo gioco Dynasty Warriors è nato come gioco di combattimento uno contro uno, e siccome le prestazioni hardware si erano evolute, i programmatori hanno iniziato a pensare che se era possibile giocare nei panni di un guerriero di Romance of the Three Kingdoms, sarebbe stato bello poter sconfiggere gli eserciti nemici, scorrazzare sui campi di battaglia a cavallo, e compiere eroiche imprese che avrebbero influito sul risultato della battaglia.
Dunque le origini della serie Warriors risiedono in un gioco di combattimento uno contro uno, che poi ha condotto alla serie Warriors in cui i giocatori possono compiere imprese eroiche e molte altre cose entusiasmanti.
Sì.
All'epoca dev'essere stato molto difficile mettere in movimento tutti quegli avversari insieme.
Prima di diventare director, avevo lavorato come programmatore principale ad un gioco chiamato Kessen16, in cui il giocatore è al comando di gruppi di personaggi. 16 Kessen: gioco di simulazione sulla battaglia di Sekigahara, pubblicato da Koei Co., Ltd. in Giappone nel marzo 2000.
Quindi, con Kessen aveva già fatto esperienza nel mettere in movimento molti elementi insieme.
Sì.
La serie Warriors diventò poi il principale titolo di Koei con una ricca collezione di giochi successivi. E se da un lato bisognava rispondere alle aspettative degli appassionati, dall'altro era necessario inventare cose nuove per non diventare ripetitivi.
Sì. Ritengo importante non sfornare giochi a ciclo continuo solo per portare avanti la serie. Il tema principale della serie Warriors è l'entusiasmo racchiuso nel termine "ikkitosen": uno contro tanti. E la regola sottintesa è quella di non discostarsi mai da questo principio.
Letteralmente "ikkitosen" indica una persona che lotta contro mille avversari. E se un giocatore riesce nell'impresa, avrà la sensazione di essere in grado di affrontare qualsiasi altra cosa.
Sì. La nostra sfida è mantenere l'eccitazione di uno contro tanti, introducendo al contempo qualche elemento orientato in una diversa direzione. Abbiamo concepito Samurai Warriors per creare un diverso contesto rispetto a Dynasty Warriors 2.
Qual è stata l'origine di Samurai Warriors?
I due pilastri originari di Koei erano Nobunaga’s Ambition e Romance of the Three Kingdoms. Romance of the Three Kingdoms si svolgeva in Cina, dunque Nobunaga’s Ambition doveva essere ambientato in Giappone.
Dunque Samurai Warriors, ambientato nel mondo di Nobunaga’s Ambitions, è nato perché esisteva già Dynasty Warriors 2, ambientato nel mondo dei Tre regni combattenti.
Esattamente.
© 2024 Nintendo.